Fondo Volpi

Consistenza del Fondo: 2155 documenti.

Localizzazione del Fondo: sezione storia dell'arte, I piano, Lettere.

Segnatura di collocazione: 66 ART F.M.V.

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Note biografiche

Storica e critica d’arte, scrittrice e docente, Marisa Volpi Orlandini, tra le personalità più influenti del contemporaneo panorama artistico, nasce a Macerata nel 1928, trascorrendo, tuttavia, gran parte della vita a Roma, città dalla quale si allontana solo per brevi soggiorni a Firenze, Cagliari e Parigi. E nella stessa capitale si spegne il 13 maggio 2015.
Allo studentato presso il liceo romano “Giulio Cesare” e alla frequenza dei corsi dell’Accademia d’Arte drammatica “Silvio d’Amico”, segue la militanza nel Partito Comunista Italiano, a sua volta eclissata da nuovi impegni universitari. È all’università La Sapienza di Roma che, nel 1952, consegue la laurea con una tesi in filosofia; il 1956 vede, invece, la Volpi ottenere il titolo di specializzazione in Storia dell’arte medievale e moderna a Firenze sotto il magistero di Roberto Longhi. Se la scelta dell’argomento discusso nella tesi ricade, in un primo momento, sulla pittura decorativa napoletana del XVIII secolo, Corrado Giaquinto e i pittori pre-goyeschi italiani in Spagna, presto si unisce ad esso il fascino per il contemporaneo: Ben Shahn, l’Espressionismo astratto statunitense, quello tedesco e austriaco, il Blaue Reiter, Kandinsky, l’arte russa della Rivoluzione, e l’Informale europeo sono alcuni dei temi su cui si soffermeranno le sue ricerche di lì in avanti. Ma anche l’Impressionismo - nello specifico grande curiosità è riversata su Monet - e il Simbolismo godranno delle attenzioni della studiosa.
La fine degli anni Cinquanta segna l’inizio della duratura docenza presso scuole, come l’Istituto Statale d’Arte per l’Arredo e la Decorazione della Chiesa, e, in seguito, istituzioni universitarie: dal 1969 al 1978 insegna Storia dell’arte medievale, moderna e contemporanea all’Università di Cagliari, collaborando con nomi importanti quali Corrado Maltese e Gillo Dorfles; nel 1979 è chiamata, invece, alla Facoltà di Magistero della capitale, dove impartisce lezioni di Sociologia dell’arte. Per tutto il periodo che va dal 1982 al congedo nel 2002, la Volpi, è, infine, titolare della cattedra in Storia dell’arte contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma La Sapienza, affiancata dai colleghi Angiola Maria Romanini e Maurizio Calvesi.
La vincita della borsa di studio per ricercatori nel 1966 le dà la possibilità di trascorrere diversi mesi negli Stati Uniti assieme al marito Ferdinando Orlandini - i due si erano sposati nel 1963 - entrando in contatto con l’arte americana del tempo e i suoi protagonisti, fra cui De Kooning, Rothko, Rauschenberg, Louise Nevelson, e incrementando notevolmente il proprio interesse verso di essa. Frutto del soggiorno in America è il testo Arte dopo il 1945. U.S.A. All’impegno accademico si affiancano, dunque, attività di ricerca e critica, curatela di mostre, promozione e incoraggiamento di artisti contemporanei, pubblicazioni.
Esposizioni ed iniziative culturali di rilievo coordinate dalla storica dell’arte includono la mostra L’Espressionismo. Pittura, scultura, architettura, tenutasi a Firenze nel 1964, o quelle del 1966, volte ad offrire visibilità alle opere di artisti contemporanei italiani e internazionali, ubicate a Roma, presso la Galleria Editalia, e la cui organizzazione è connessa alla direzione della rivista “QUI Arte Contemporanea”. Negli stessi anni le viene attribuito da Giulio Carlo Argan l’incarico, in qualità di consulente artistico della Libreria Einaudi di via Veneto, di predisporre mostre d’arte grafica con un focus su alcuni esponenti di essa.
La stesura di saggi e articoli è intensa fin dagli anni Sessanta, quando rende noto il proprio pensiero in merito a svariate questioni artistiche ai lettori di riviste specialistiche come “Marcatré”, “Civiltà delle Macchine”, “La Fiera Letteraria”, “Il Verri”, “Storia dell’arte”, e di quotidiani quali “Avanti!”, “Paese Sera”, poi “Il Giornale” e “Avvenire”.
Dagli anni Settanta Marisa Volpi si dedica, da personalità poliedrica quale è, anche alla narrativa, dando sfogo alla passione per la scrittura, di derivazione infantile, in una serie di racconti, aventi per protagonisti artisti come Claude Monet, Edouard Manet, Berthe Morisot, Arnold Böcklin, Edgar Degas, finzionali o ispirati a vicende biografiche ed estetiche di questi ultimi. Tali scritti vengono dapprima pubblicati su testate, fra cui “Paragone” e “Nuovi Argomenti”, e trovando divulgazione, poi, in volumi specifici. Un titolo fra gli altri risulta vincitore del Premio Viareggio 1986 per la narrativa: Il maestro della betulla. L’inclinazione narrativa sarà assecondata dalla Volpi fino agli ultimi giorni di vita.
I dettagli della più intima esistenza della storica dell’arte sono offerti, invece, dalle pagine di alcuni diari della donna, che coprono un vasto arco temporale - dagli anni Quaranta all’ultimo periodo della sua vita - e la cui parziale diffusione al pubblico è stata recentemente attuata da riviste, nonché dal testo Le ore i giorni. Diari 1978-2007, edito nel 2010.
Per quel che concerne la ricerca, le indagini condotte dalla Volpi seguono due principali linee guida metodologiche: il rapporto fra arte e scrittura e una minuziosa conoscenza degli artisti. Entrambe perseguite sulla base della convinzione di un nesso sussistente tra stile di un artista e contenuti dell’opera d’arte, da rintracciare all’interno della biografia individuale dell’autore, ma anche nella più generale storia della cultura. Il metodo di analisi collaudato dalla studiosa, e proposto ai propri allievi, attribuisce, perciò, fondamentale importanza alla consultazione filologica di testi e documenti, in concomitanza con la considerazione e la ricostruzione del contesto in cui opera una ogni figura artistica. Prima tra le fonti della storia dell’arte, e potente strumento attraverso cui esaminare l’immagine è, a detta della Volpi, proprio la letteratura.
Alcuni studi, sebbene solo abbozzati, attribuibili al nome della Volpi hanno riguardato, altresì, il tema del posizionamento  della  donna  nell’arte,  tanto  nella  professione  di  artiste  quanto  di  critiche, galleriste, collezioniste o scrittrici.
Di grande originalità è il concetto di “Occhio senza tempo”, formulato e introdotto a seguito della visione, in occasione della mostra del Guggenheim di Venezia su Jan Krugier - Timeless Eye appunto - di una selezione di opere di artisti, di primo acchito molto distanti tra di loro, eppure riconducibili ad uno stesso fil rouge, che la Volpi definisce la “permanenza” al variare degli stili. Tale nozione ha prestato, nel 2008, il proprio nome al titolo del libro L'occhio senza tempo. Saggi di critica e storia dell'arte contemporanea, a sua volta una spiegazione del pensiero della studiosa.
Nel 2003 Marisa Volpi viene nominata Professore Emerito dell’Università di Roma La Sapienza.

(scheda a cura di Jessica Cairone)