Istituto Centrale per la Grafica

Consistenza del Fondo: 97 documenti.

Localizzazione del Fondo: sezione storia dell'arte, I piano, Lettere.

Segnatura di collocazione: 66 BIBL. F.ING.

Permalink opac

Note sull'Istituto

L'Istituto Centrale per la Grafica è un istituto speciale soggetto alla Direzione generale Belle arti e paesaggio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con funzioni di promozione, conservazione e tutela del vasto patrimonio di arte grafica da esso custodito, espletate tramite l’organismo museale dell’Istituto Nazionale per la Grafica. Esso include: disegni, stampe, matrici, fotografie, libri conservati all’interno della Biblioteca dell’Istituto, infine opere di grafica contemporanea e multimediali. Oltre a mansioni relative alla conservazione, l’ente ospita anche attività laboratoriali di restauro e di stamperia.
L’Istituto Centrale per la Grafica e l’Istituto Nazionale per la Grafica hanno entrambi sede a Roma, nel complesso monumentale della Fontana di Trevi assieme a Palazzo Poli e al Palazzo della Calcografia; è dall’unificazione, avvenuta nel 1975, della Calcografia Nazionale e del Gabinetto Nazionale delle Stampe, fonti della parte più consistente del tesoro di proprietà dell’attuale Istituto Centrale, che originò l’Istituto Nazionale per la Grafica. Nel 2008 la fusione dei due organismi ha riguardato anche i rispettivi edifici, confluiti in un’unica sede.
Il progetto del Palazzo della Calcografia fu ideato tra il 1835 e il 1837 dall’architetto Giuseppe Valadier che, negli stessi anni, ne diresse la costruzione. L’edificio, di gusto neoclassico, vanta una facciata sobria ed essenziale, arricchita solo da una decorazione a bugnato liscio e a cortina, in origine dominata al centro dallo stemma del pontefice che commissionò l’opera architettonica, Gregorio XVI, poi collocato all’interno dello stabile, per trovare definitiva sistemazione nel cortile della Stamperia.
Sul balcone, sorretto da quattro mensoloni, sono ancora oggi visibili i basamenti delle due sculture che avrebbero dovuto trovarvi collocazione, l’Incisione e il Disegno, solo la prima delle quali ha visto la luce per mano di Luigi Amici. È, al momento, esposta nella Sala delle Adunanze, situata al primo piano del Palazzo; tale spazio in passato fungeva da galleria delle esposizioni delle opere ritenute di maggior valore e bellezza, oltre che accogliere le riunioni della Commissione artistica.
Il pianterreno si caratterizza, inoltre, per la presenza di sei grandi finestre, che, se oggi assolvono una funzione di presentazione delle stampe in vendita al pubblico, in passato risultavano corredate da ampi sportelloni di chiusura, invenzione di Valadier. Ugualmente, le funzioni dei vari ambienti del Palazzo della Calcografia, seguivano il fine principale della commercializzazione delle stampe.
Peculiarità prevista da Valadier al termine del corridoio d’ingresso era la presenza di un’esedra ospitante una fontana configurata come una finta scogliera a forma di ventaglio, da cui sgorgava l’acqua raccolta in un sarcofago decorato a rilievo con immagini del Mito di Medea. La fontana è oggi sostituita da apparecchiature ottocentesche inerenti il lavoro della stampa.
I mezzanini accolgono nelle nicchie, di cui sono costituiti, busti in gesso di personaggi cruciali nella storia del complesso architettonico: tra questi, Papa Gregorio XVI, il cardinale Antonio Tosti e il direttore Tommaso Aloysio Juvara.
Quella di Palazzo Poli è una storia che copre un maggior numero di anni: artefice della prima versione dell’edificio fu l’architetto Martino Longhi il Vecchio - incarico trasferito poi a Ottaviano Mascherino – che nel XVI secolo si vide commissionare la costruzione della struttura da Lelio dell’Anguillara, duca di Ceri, il quale, nel 1566, aveva rilevato il preesistente Palazzo Del Monte ubicato nella medesima area. La proprietà, ereditata dalla famiglia Borromeo, fu da questa, in seguito, sottoposta ad alcuni significativi ampliamenti: vi si aggiunsero quelli ordinati, grazie all’acquisto del Palazzo da parte di sua moglie, Lucrezia Colonna, dal duca di Poli e fratello di papa Innocenzo XIII, Giuseppe Lotario Conti. Esito di tali lavori fu un’espansione del complesso dovuta all’assimilazione di altri due stabili con vista sulla piazza di Trevi: il palazzetto dei Carpegna e la casa dell’Arte della Lana.
Agli inizi dell’Ottocento la costruzione fu ereditata dalla famiglia Cesarini prima, Boncompagni poi. Dopo aver ospitato, per quasi tutto il secolo XIX, una serie di nomi illustri, nel 1884, il Palazzo fu sottoposto dai Belloni, Basevi e Vitali a nuove modifiche, che consistettero principalmente nella demolizione del nucleo cinquecentesco. Fino al 1939 l’edificio fu preposto al ricevimento di uffici pubblici; in tale data giunse nelle mani di privati.
La storia più recente del Palazzo è legata, invece, alla genesi dell’Istituto Nazionale per la Grafica del 1975, allorché in Palazzo Poli fu visto il candidato ideale per l’estensione della Calcografia; esigenza che fu posta all’attenzione del Ministero dei Beni Culturali mediante la Battaglia per Palazzo Poli, promossa, nel giugno del 1977, dall’allora direttore dell’Istituto Nazionale, Carlo Bertelli.
Nel giro di pochi anni il complesso divenne proprietà dello Stato, il quale conseguì l’obiettivo esercitando il diritto di prelazione e potendo, inoltre, contare sulla partecipazione finanziaria e l’interesse di figure politiche quali il sindaco Giulio Carlo Argan e il Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Altro luogo di grande fascino ed ampiezza dell’Istituto è la Sala Dante, il cui nome deriva dalla funzione che la sala rivestì tra il 1885 e il 1886 per volere dell’editore Romualdo Gentilucci, ossia quella di “Galleria Dantesca”, ospitante grandi tele di produzione di pittori del tempo, commissionate loro dallo stesso Gentilucci. La creazione della sala, oggi adibita ad area di svolgimento di manifestazioni culturali, conferenze e adunanze, è collocabile al secondo decennio del XVIII secolo, quando fu voluta da Stefano Conti, duca di Poli e nipote del papa Innocenzo XIII, come sede della Biblioteca di famiglia. Il secolo successivo vide, al contrario, l’enorme spazio fruito per lo più come salone per le feste, divenendo, altresì, importante centro simbolico della cultura musicale romana.
Dal 2013 la Sala Dante ospita l’installazione permanente e site-specific dell’artista italo-americano Roberto Mannino, paradigmatica dell’ambito d’attività e della tipologia di opere custodite dall’Istituto.

(scheda a cura di Jessica Cairone)