Fondo Nallino

Consistenza del Fondo: 59 documenti.

Localizzazione del Fondo: sezione storia moderna e contemporanea, III piano, Lettere.

Segnatura di collocazione: F. Nallino

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Note biografiche

Carlo Alfonso Nallino (1872 – 1938) è stato un islamista, arabista e accademico italiano.
Nacque a Torino, dove frequentò la Facoltà di Lettere, dimostrando un talento precoce. All’Università di Torino fu allievo di Guido Cora, geografo fra i maggiori testimoni della penetrazione coloniale in Africa, il quale gli permise di applicare le acquisite competenze arabistiche a temi di geografia astronomica. La sua tesi di laurea, Al-Khuwarismi e il suo rifacimento della Geografia di Tolomeo, inaugurò la serie di lavori dedicati alla storia della scienza che impose il giovane studioso all’attenzione dell’orientalistica europea.
A ventidue anni arrivò a Napoli come incaricato di lingua araba presso il Reale Istituto orientale, istituzione parauniversitaria sotto il controllo del ministero dell’Istruzione. Nello stesso anno iniziò la stesura della sua opera più importante: Al-Battani sive Albatenii opus astronomicum, che consiste nella traduzione e nel commento dell’opera del geografo siriano del IX-X secolo. Pubblicata a Milano fra il 1899 e il 1907, diede allo studioso notorietà internazionale. Nel 1903 ottenne la cattedra di professore ordinario di lingua e letteratura araba presso l’Università di Palermo, e vi rimase per una decina d’anni.
In quegli anni fu attivo promotore di molte missioni scientifiche in Egitto; fu inoltre chiamato ad insegnare alla neonata Università del Cairo. L’istituzione era aperta alle istanze moderniste dell’élite locale, ed era presieduta dal futuro re Fu’ad, il quale tendeva a preferire e dunque a favorire, per motivi politici, gli orientalisti italiani. Qui Nallino affiancò all’attività di docente, funzioni di rappresentante e consulente scientifico del governo italiano, iniziando così il suo impegno diretto nell’impresa coloniale. Nel 1912 l’appena costituito ministero delle Colonie gli affidò il riordino dell’archivio politico ottomano confiscato in Libia, e la direzione dell’Ufficio traduzioni del Governo della Tripolitania, mentre rimase incompiuto il progetto di un Istituto italiano di cultura. Nel 1913 rientrò in Italia, lasciandosi alle spalle un clima carico di tensioni apparentemente dettate da questioni di natura personale, ma dietro le quali probabilmente vi erano le proteste degli studenti egiziani verso i docenti italiani in seguito alle violenze perpetrate in Libia.
Nello stesso anno all’Università di Roma ebbe la prima cattedra di storia e istituzioni musulmane e si dedicò allo studio del diritto islamico. Sempre nello stesso anno gli fu affidata l’opera di riqualificazione del Reale Istituto orientale di Napoli che, essendo passato sotto il controllo del Ministero delle Colonie, doveva essere trasformato nel centro di formazione del personale coloniale. Per la sua attività di commissario straordinario riprodusse i meccanismi di selezione e di formazione già da lui messi in atto nella Scuola di lingue orientali romana. Parallelamente alla fervida attività scientifica e accademica, ricoprì incarichi per conto del Ministero delle Colonie, partecipando nel 1914 alla commissione per lo studio delle questioni islamiche d’interesse coloniale, e nel 1918, subito dopo la guerra, a quella per la decisione delle politiche da adottare verso le colonie nel passaggio dallo stato di guerra a quello di pace. In questa attività rientra il contributo dato alla cartografia coloniale, consistente nella revisione delle carte geografiche e nella stesura delle regole toponomastiche, fondate sul principio di adeguare i toponimi tripolitani e cirenaici a una «rigorosa grafia nazionale». Nel 1921 fu tra i fondatori a Roma dell’Istituto per l’Oriente, dotato di un periodico, Oriente moderno, tuttora fra le riviste orientalistiche italiane più importanti. All’interno di tale Istituto si sviluppò pressoché tutta l’orientalistica italiana, in particolare quella proveniente dalla scuola romana che andava formandosi tra le due guerre. Il rapporto dell’Istituto per l’Oriente e la rivista con il Ministero delle Colonie rimase sempre sullo sfondo accademico, per volontà dello stesso Nallino, che orientò la propria attività di ricerca al fine di adottare le politiche più idonee alle colonie, senza tuttavia dissentire mai del tutto con l’operato del Ministero, e senza mai sfociare in una cosciente espressione di impegno civile contro i massacri perpetrati dal colonialismo italiano.
Morì a Roma il 25 luglio 1938, al ritorno da un viaggio in Arabia, consegnando alle stampe il primo dei due volumi previsti sul regno arabo da poco costituito.

(scheda a cura di Elettra De Angelis)