Fondo Savio

Consistenza del Fondo: in fase di catalogazione.

Localizzazione del Fondo: sezione spettacolo, deposito piano interrato, ex vetrerie Sciarra.

Segnatura di collocazione: SPETT SAV

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Note biografiche

Francesco Savio (1925 – 1976) è il nome d’arte di Francesco Pavolini, regista, sceneggiatore e critico cinematografico italiano. Figlio del poeta e regista teatrale Corrado Pavolini, è da sempre interessato al cinema e al teatro acquisendo anche il suo pseudonimo dal personaggio di uno spettacolo teatrale, il Savio di Ciascun a suo modo di Pirandello. Nel 1945 si iscrive all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Silvio D’Amico e si diploma nel 1948. Subito dopo comincia la sua attività come aiuto regista e critico cinematografico e teatrale per riviste quali «Teatro», «Cinema» e «Cinema nuovo».
Come regista dirige alcuni spettacoli teatrali e, a partire dagli anni ’50, lavorando presso la sede di Roma della Radio Rai, si occupa di diverse regie e adattamenti per la televisione e la radio. Tra i programmi radiofonici Rai cura Il girasole (insieme a Francesco Forti e trasmesso dal ’73 al ‘75), I tre moschettieri (insieme ad Andrea Camilleri e Flaminio Bollini e trasmesso in 20 puntate tra il novembre e il dicembre del ‘73), Il secondo cinema italiano (trasmesso in 15 puntate tra il luglio e l’agosto del ’75 e poi, come replica, tra il febbraio e l’aprile del ’77). Per la televisione lavora soprattutto a commedie e programmi culturali, occupandosi talvolta anche della scrittura dei soggetti e dei testi.
La sua attività principale resta quella di storico e critico cinematografico: è direttore della sezione Cinema dell’Enciclopedia dello Spettacolo divenendone, con la scomparsa di Silvio D’Amico nel 1955, caporedattore. Cura alcune retrospettive alla Mostra del cinema di Venezia e i relativi cataloghi tra i quali: Buster Keaton (1963); Esperienze del cinema sovietico 1924-1939 (1963); La parola e il silenzio. Il film scandinavo dalle origini al 1954 (1964); La scuola scandinava 1907-1954. Retrospettiva del cinema danese, finnico, norvegese e svedese (1964). Collabora a rubriche culturali televisive come Almanacco e Settimo giorno.
Nel 1972 pubblica Visione privata. Il film "occidentale" da Lumière a Godard. In questo libro Savio tratta registi e autori in maniera inversamente proporzionale alla quantità di scritti critici su di loro, attuando un recupero critico e affettivo dei film visti durante l’infanzia e l’adolescenza e seguendo le correnti nazionali del cinema occidentale: la via francese da Lumière a Jean-Luc Godard; la via americana da David W. Griffith a Orson Welles; la via italiana dal muto al Neorealismo; la via tedesca dall'Espressionismo a Max Ophuls; la via scandinava dalle origini a Ingmar Bergman; la via britannica, limitatamente al periodo di Alfred Hitchcock e Ewald A. Dupont. L’obiettivo di Savio è quello di fare giustizia dei luoghi comuni del cinema anteriore a Godard.
Nel 1975 pubblica Ma l'amore no. Realismo, formalismo, propaganda e telefoni bianchi nel cinema italiano di regime (1930-1943), contenente le schede analitiche di 720 film scelti tra quelli realizzati in Italia in quel periodo storico. Questo argomento viene ulteriormente approfondito in Cinecittà anni Trenta. Parlano 116 protagonisti del secondo cinema italiano, edita postuma in tre volumi in cui vengono pubblicate le interviste considerate più importanti tra quelle fatte da Savio ai protagonisti del cinema italiano di quegli anni e che erano state mandate in onda, per conto di Radio Rai, tra il ’75 e il ‘76. Con queste opere Savio, grande esperto del cinema italiano degli anni Trenta, ha contribuito notevolmente a far conoscere questo periodo storico, fino ad allora poco trattato anche per ragioni politiche. 
Nel 1973 Savio accetta la richiesta di Renato Ghiotto di collaborare alla rubrica di critica cinematografica de «Il mondo» in cui, analizzando determinati film, espone anche le sue teorie sul cinema che poi inserisce in una prospettiva storica. Tutte le recensioni di Savio per «Il mondo» sono state raccolte da Franco Cordelli ed Emidio Greco in un libro del 2002 e leggendole si possono notare il particolare riguardo, tra i diversi periodi e opere affrontati, per quello dei telefoni bianchi; come egli sottolinei la linea di demarcazione rappresentata dalla Nouvelle vogue; la sua personale strategia critica da cui derivano anche alcuni suoi principi sul cinema.
Savio muore a Roma nel 1976. Rimane uno dei maggiori storici e critici del cinema italiano fino agli anni ’50, caratterizzato da una scrittura limpida e precisa e da una grande capacità di sintesi, come scrive anche Cordelli nel libro pubblicato nel 2002.

(scheda a cura di Micol Pizzuti)